Lo spartito della vita: dove le emozioni si suonano senza spartito
C’è un momento nella vita in cui ti accorgi che certe note stonate non verranno mai accordate. A volte è proprio nelle stonature che si nasconde l’armonia più sincera.
Lo spartito della vita (Sterben), film del regista tedesco Matthias Glasner, in uscita nei cinema dall’11 settembre 2025, è un’opera che ti entra sotto pelle come una melodia familiare dimenticata. È come un riflesso sfocato che, proprio nel suo difetto, ti rivela chi sei davvero.
Tre ore intense come un assolo orchestrale: il pubblico europeo lo ha applaudito come si fa con le grandi prime. Ha conquistato pubblico e giurie come una sinfonia che ti prende al cuore e non ti molla più. Ma non fatevi spaventare dalla durata: Lo spartito della vita non si guarda. Si ascolta, si vive, si affronta.
Quando la musica incontra la vita (vera)
Il titolo originale, Sterben, significa “morire”. Ma in realtà il film parla di tutto il contrario: della difficoltà di vivere. Di vivere quando i legami si spezzano, quando la famiglia diventa un’eco lontana, quando la malattia e le scelte sbagliate scavano solchi.
Protagonista è Tom Lunies, un direttore d’orchestra che si ritrova a dover dirigere un brano imponente e inedito, proprio chiamato “Sterben”, composto dall’amico Bernard, artista depresso e corrosivo.
Tom è un uomo nel caos: la sua ex compagna è incinta, e gli chiede di essere lui a crescere la bambina al posto del padre biologico. Nel frattempo, Gerd e Lissy, in un angolo quieto del nord della Germania, scivolano lentamente in un tempo che non riconosce più i loro volti. Ma nessuno sembra pronto ad ascoltare.
Una famiglia in disaccordo
I Lunies erano una famiglia. Ora sono diventati isole lontane, ciascuna con il suo silenzio da gridare. Gerd si perde nei corridoi vuoti della mente, mentre Lissy si aggrappa a una quotidianità fatta di silenzi e crepe invisibili.
Ellen, la sorella di Tom, è persa nell’alcool, canta solo quando beve e si sveglia in Lettonia senza sapere perché. Vive una relazione distratta, un’esistenza in apnea.
La malattia che dovrebbe avvicinare, invece diventa un confine: e il bisogno d’amore resta un dialogo interrotto. Glasner non addolcisce la pillola: la serve amara, ma con mano gentile e sguardo disarmante. Ogni dialogo pesa. Ogni silenzio parla. Ogni sguardo è uno spartito da decifrare.
Il regista: una confessione che diventa cinema
Matthias Glasner ha costruito questo film a partire dalla sua vita vera. Non lo nasconde, anzi: nei titoli di coda, l’attore che interpreta il padre non viene nemmeno chiamato con il nome del personaggio, ma con un semplice, struggente “Papà”.
È un’opera che nasce dal dolore e lo trasforma in bellezza. Glasner non segue le regole della drammaturgia classica. Fa di testa sua, come un jazzista che improvvisa. E la sua improvvisazione funziona, perché è autentica. Non cerca il realismo sterile, ma l’emozione viva.
Recitazione magistrale e musica vera
Lars Eidinger (Tom), Corinna Harfouch (Lissy) e Lilith Stangenberg (Ellen) offrono interpretazioni potenti, profonde, verissime. Gli attori non recitano: vivono i personaggi.
E la musica non è mai solo colonna sonora. Qui non si finge: gli strumenti suonano per davvero e si sente. Ogni nota è un respiro in presa diretta. La musica non accompagna: vive e pulsa dentro la storia, come un cuore che detta il ritmo ai personaggi.
Il risultato? Questo film non accelera mai: ti entra piano, come un sussurro nella carne, e resta lì a vibrare. Ma anche lì dove si può guarire.
Un consiglio da Geco Gaudenzio
Portate i fazzoletti, sì. Ma anche una risata pronta. Perché Lo spartito della vita è un film che fa male con gentilezza, che fa ridere mentre ti toglie il fiato. Un po’ come quando nella vita vera succede qualcosa di così assurdo da sembrare tragicomico.
E se siete come me, che amo guardare i film da dietro l’occhio della mia macchina fotografica, troverete in ogni inquadratura un pensiero. Una riflessione. Una possibilità di riconoscersi. O di perdonarsi.
Non solo un film, ma un’esperienza da condividere
Questo film è per chi ama il cinema che lascia il segno. Per chi non ha paura delle storie difficili, ma cerca in esse una possibilità di catarsi. Lo spartito della vita ci ricorda che il dolore condiviso non è solo meno pesante: è l’unica vera sinfonia possibile.
E se alla fine uscirete dalla sala un po’ più vulnerabili, un po’ più sinceri, allora sì: il film avrà fatto il suo dovere.
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Articolo a cura di Geco Gaudenzio, per Goditilavita.it.
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