Viaggio in Moldavia tra monasteri, vino e căciulă
(Parte II – Il Geco alla scoperta del cuore del Paese)
Il vento scompiglia le idee e profuma di partenze.
Lascio Chișinău e la sua eleganza discreta per seguire strade che si arrampicano tra colline e villaggi.
La Moldavia fuori città ha un passo diverso: qui la vita si misura con il ritmo del sole, non dell’orologio.
🕊️ Il Monastero di Curchi: dove il silenzio respira
A poco più di un’ora da Chișinău, la strada si infila tra boschi e campi e all’improvviso, nel cuore di una valle verde e profumata, appare il Monastero di Curchi. Le cupole si accendono di luce tra gli alberi, come se il cielo le avesse posate lì per caso.
Intorno non si sente quasi niente: solo l’erba che si piega al vento e, ogni tanto, una campana lontana che ti ricorda dove sei.
La domenica qui comincia presto. I riti ortodossi non hanno fretta: le voci dei monaci si fondono a quelle delle donne, l’incenso sale lento, e in chiesa il tempo sembra non scorrere più.
Fondato nel Settecento dai fratelli Curchi come piccolo eremo di legno, il monastero conobbe secoli di gloria e decadenza.
Durante il periodo sovietico divenne addirittura un ospedale psichiatrico.
Solo nel 2005 ha ritrovato la sua anima grazie a lunghi restauri che l’hanno restituito alla preghiera.
Mi fermo un momento. Il vento passa tra le colonne e fa un rumore leggero, quasi un sussurro.
Quando le persone si allontanano, il monastero sembra tirare un sospiro, come se tornasse se stesso.
Restano solo le campane che si perdono nell’aria e le foglie che si muovono piano.
È un silenzio che non fa paura, ma compagnia. Ti resta addosso, come se respirasse insieme a te.
🚂 Cricova, la città sotterranea del vino
Dal cielo al sottosuolo: il viaggio in Moldavia continua verso Cricova, una vera città del vino scavata nella roccia.
Più di centoventi chilometri di gallerie che si inseguono sottoterra, ognuna con il nome di un vino: Cabernet, Pinot, Muscat… sembra quasi di attraversare una mappa fatta di profumi.
La temperatura scende, l’aria sa di pietra e mosto, e a bordo di un trenino ci si ritrova in un labirinto dove il tempo non esiste.
Là sotto il tufo è freddo e odora di terra bagnata. Le bottiglie sono allineate come soldatini, e la luce fioca le accarezza finché sembrano riempirsi di miele liquido.
Alcune hanno etichette storte, altre nomi scritti a mano.
C’è chi ci tiene dentro un ricordo, chi una promessa mai mantenuta.
Qui il vino è una cosa seria: tanti moldavi hanno una nicchia tutta loro, dove conservano le bottiglie che contano davvero.
Un brindisi a Cricova non è una formalità: è un gesto quasi religioso, un modo per ringraziare la terra.
L’umidità mi increspa le scaglie – e sì, avrei fatto bene a portare una giacchetta – ma l’incanto è totale.
Tra mosaici e sale di degustazione capisco che il vino moldavo è memoria liquida: racchiude storia, cultura e orgoglio.
🪨 Epoca de Piatra: l’età della pietra e del buon gusto
Il viaggio in Moldavia continua tra colline morbide e vigneti che sembrano onde.
La tappa successiva è Epoca de Piatra, una cantina che unisce spirito moderno e radici contadine.
Dal nome ti aspetti Wilma e Fred Flintstone dietro il bancone, invece trovi sommelier sorridenti e una cucina che profuma di tradizione.
Le sale ricordano grotte scolpite, ma i vini sono tutt’altro che primitivi: pieni, eleganti, con quella forza che solo le terre antiche sanno dare.
Si pranza con piatti rustici e veri: polenta fumante, funghi, carni stufate.
Io, ovviamente, posso solo invocare il motto dei gechi viaggiatori: pancia mia fatti capanna! 🤣
⛪ Il monastero nella roccia e il villaggio contadino
Per smaltire i calici generosi, il pomeriggio si tinge di storia.
Visito un piccolo museo medievale che sfocia in un monastero scavato nella pietra, aggrappato a una valle che sembra uscita da un dipinto.
Lì vicino, un altro monastero mi chiama da lontano.
Lo raggiungo attraversando un villaggio contadino dove la vita scorre lenta: vecchie case colorate, cortili pieni di galline, donne che vendono miele e conserve davanti ai cancelli.
In certi villaggi dietro un cancello di legno trovi un piccolo mondo: camere curate, vasche fumanti e cucine dove ritornano gli odori di una volta, quelli che scaldano l’anima più di mille parole.
Le stanze conservano mobili d’epoca e dispense usate ancora come cantine per conserve e vino.
È un viaggio nel tempo, ma senza malinconia: qui la memoria non pesa, scalda.
🌰 Le noci lungo la strada
Tra i campi scopro una curiosità che mi conquista: le noci moldave.
In Moldavia crescono libere, ai bordi delle strade, senza che nessuno le coltivi davvero.
Quando arriva l’autunno, la gente si ferma, le raccoglie, le pulisce e poi le porta al mercato.
Ma la cosa più sorprendente è che molti le mangiano fresche, appena tolte dal guscio.
Il sapore? Latteo, erbaceo, delicato. Una semplicità che racconta più di mille discorsi sull’autenticità.
🍷 Poiana Winery e la dolcezza della căciulă
Il giorno finisce in bellezza.
È Mihaiela a portarmi fin qui, lungo strade che si arrampicano tra colline color rame.
Quando il sole sparisce dietro le colline, l’aria cambia odore.
Sa di terra calda e di mosto, di fine giornata.
Dentro è tutto un muoversi: voci, bicchieri, risate che si inseguono.
Qualcuno ride troppo, qualcun altro brinda in silenzio.
È quel tipo di confusione bella che solo il vino sa creare. E va bene così.
E quando pensi che sia finita, spunta il dolce: un piccolo capolavoro servito con ironia e tanta allegria.
Crema morbida, salsa ai frutti rossi e una presentazione che sembra un quadro.
Il dettaglio più buffo? Per gustarlo bisogna indossare la căciulă, il copricapo tradizionale moldavo in lana nera.
Ed eccomi lì, un Geco con la căciulă calcata sulla testa, il cucchiaio in mano e quella faccia da “ma che sto facendo?”, pronto al tuffo più dolce del viaggio.
🦎 “Forse ho mangiato il dolce… o forse è stato lui a divorare me! Fatto sta che, con la căciulă in testa, per un attimo mi sono sentito il Geco sovrano di Moldavia.”
Dai canti lenti del Monastero di Curchi alle risate scivolate tra i calici della cantina Poiana, questo viaggio in Moldavia è stato un’altalena di emozioni: sacro e quotidiano, silenzi e brindisi, passato che abbraccia il presente.
Un mosaico di emozioni dove ogni tappa lascia una piccola traccia, come la scia di un profumo che resta sulla pelle.
Articolo a cura di Geco Gaudenzio, per Goditilavita.it.
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